sabato 30 aprile 2016
Una torta di riso per sentirLa ancora vicino.
Era tanto tempo che volevo preparare la torta di riso, e quando ho visto che le era stata dedicata addirittura una giornata, sul Calendario del Cibo Italiano , la Giornata delle Torte di Riso Dolci e Salate e che l'ambasciatrice era la mia amica di blog e non solo, Laura Adani del blog Io, così come sono... ho pensato che era arrivato il momento giusto, per raccontarvi perché sono così legata a questo dolce.
La torta di riso è stato il dolce che ha accompagnato tutta la mia vita e da quasi due anni, questa dolce abitudine si è interrotta, da quando mia mamma ha deciso che il suo tempo qua con noi era terminato ed ha voluto riabbracciare mio padre.
Questo dolce rustico ma dal sapore dolcissimo, che sa di mamma e di nonna,è il filo indissolubile che ci lega a lei.
Mia mamma era famosa per la sua torta di riso, la preparava in ogni occasione, comunioni, cresime, matrimoni e sopratutto la preparava per la festa della Misericordia, che si teneva e si tiene nel mese di Agosto, nel paesino di montagna dove abbiamo la casa delle vacanze, ovvero Treppio. Dopo la Santa Messa, si andava tutti in processione al cimitero e dopo la processione, vicino la Chiesa di San Michele Arcangelo si teneva un rinfresco per cercare anche di ottenere delle offerte per la Confraternita della Misericordia. Ecco, proprio in una di quelle occasioni, mentre mamma stava andando al rinfresco, sentì due donne del paese che parlavano tra di se e dicevano:
" Forza, su dai movidi , che non possiamo miga fare tardi!
Rita delle Selve l'ha preparado la torta di riso, che bona come l'ha fa lei, non la fa nesuno!!"
Mamma si era messa a ridere, un po' per il dialetto treppiese che se avete 5 minuti vi invito a cercare su internet, e un po' per quella fretta di accaparrarsi un rombo della sua torta di riso, da parte delle due donnine.
In effetti la sua torta era fantastica, nonna Maria, la mamma di mio padre le diceva sempre che la nostra torta era la più buona del paese, perché non lesinavamo ne sulla quantità di uova, ne con lo zucchero e neppure con l'anice e quelle che facevano le sue conoscenti, non erano al nostro livello!
Mitica nonna e mitica mamma! E io da chi avrò preso?
Questa tipo di torta non so da dove abbia preso i natali, visto che Treppio si trova proprio sull'Appennino Tosco-Emiliano, al confine con l'Emilia e se conoscete le torte di riso, saprete che ne esiste una proprio emiliana che si chiama Torta degli Addobbi e si serve tagliata a rombi, la forma con cui la serviva mamma, ma c'è anche un'altra zona a cui Treppio è legata, ed è la Garfagnana, visto che si presume che questo paesino fu proprio fondato da un gruppo di garfagnini che girovagavano per l'Appennino e sempre nella zona della Garfagnana,o almeno molto vicino, si prepara un'altra torta di riso, quella Massese o Carrarina e queste casualità, mi danno molto da pensare sull'origini di questo dolce.
Vagamente mi ricordo che nonna mi raccontava di una versione della torta, che si faceva creando un guscio di pasta sottile che foderava l'interno della tortiera di alluminio nel quale veniva versato il composto di riso; non penso di aver mai avuto l'occasione di assaggiarla, però questo particolare mi fa venire in mente la versione salata della torta di riso che viene fatta in Liguria, che ha un guscio di pasta simile e penso che a Treppio, dai suoi albori, ce ne sono passate tante di persone "forestiere" tra quei boschi di castagni!
Per prima cosa mettete a cuocere il riso dentro ad una pentola di acqua bollente e scolatelo dopo 5 minuti. Intanto avrete messo a scaldare il latte e una volta raggiunto il bollore, versateci il riso semicotto e fatelo cuocere fino a che non abbia assorbito quasi tutto il latte, diciamo 10 minuti circa.
Versate il composto di latte e riso in una ciotola, aggiungete lo zucchero e il liquore e lasciatelo raffreddare mescolandolo di tanto in tanto e lasciate riposare per qualche ora.
Una volta raffreddato unite le uova leggermente sbattute e mescolate bene.
Prendete una teglia, imburratela ,copritela con della carta da forno e versateci dentro il composto.
Cuocete nel forno già caldo a 200° per circa un'ora.
Fonti
Dialetto Treppiese
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venerdì 29 aprile 2016
I Dolci del Convento
Oggi si commemora la morte di Caterina da Siena, Patrona d'Italia e d'Europa, la Santa che sentì la chiamata del Signore in tenerissima età e dedicò tutta la sua vita, all'assistenza dei malati e bisognosi.
Non visse mai in convento, nonostante avesse preso i voti, sorte che invece sorte che invece subirono tantissime figlie di benestanti e nobili che a causa del diritto di maggiorascato, ovvero il diritto del primogenito di ereditare il patrimonio della famiglia ed escludendo il resto dei fratelli e sorelle, si vedevano costrette a pronunciare i voti e a chiudersi nei conventi e nei monasteri anche senza avere la vocazione necessaria.
Per cercare di "sopravvivere" allo stato di clausura, molte di esse si dedicarono all'arte dolciaria e molto probabilmente i conventi sono stati i primi laboratori di pasticceria, dove sono stati preparati i dolci ed i pasticcini, che abitualmente prepariamo in casa o acquistiamo tutt'oggi.
Sulle pagine di Aifb, oggi è ospitato un mio articolo sul Calendario del Cibo Italiano e sono l'ambasciatrice dei Dolci del Convento. Tra quelle righe, vi racconto della vita monastica e di alcuni dolci che sono nati tra le mura dei conventi italiani.
Troverete anche la ricetta dei Mandorlati di San Clemente, una ricetta tipica di biscotti che venivano preparati in un convento proprio qua a Prato.
Quindi vi invito ad andare a leggere e aspetto i vostri commenti.
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giovedì 28 aprile 2016
Il Cannolo Siciliano
Mi sono innamorata della Sicilia esattamente un anno fa, quando ho partecipato ad un blog tour a Catania e provincia, ma ad essere ancora più precisa il mio amore è scoppiato al primo assaggio di un delizioso cannolo in una famosa pasticceria di prodotti tipici siciliani, in pieno centro storico a Catania,al quale ho giurato amore eterno!
Oggi sulle pagine Calendario del Cibo Italiano, si parla proprio della Giornata Nazionale dei Cannoli e l'ambasciatrice di questa dolce eccezionale è Tamara Giorgetti, che sul sito di Aifb ci racconta tutte le curiosità e la storia di questo dolce dalle radici antiche.
Dolce dalle origini antichissime, sembra che comparvero per la prima volta a Kalt El Nissa, quella che oggi chiamiamo Caltanisetta, città che fu sotto il dominio arabo per lungo tempo e che alcune concubine dell'emiro, "inventarono" questo dolce traendone ispirazione da un altro antico dessert che veniva prodotto nel loro paese, con un ripieno di ricotta, mandorle e miele.
Ma l'origine è discussa e ne esistono altre versioni, come quella in cui si racconta che sempre a Caltanissetta, tra le mura di un convento, alcune monache di clausura prepararono questo dolce, grazie alle indicazioni di alcune donne musulmane che si erano convertite al cristianesimo e che si erano ritirate in convento.
Personalmente non so quale delle due ipotesi sia quella giusta, probabilmente la verità sta nel mezzo, però bisogna dire che da queste radici, è nato un dolce conosciuto in tutto il mondo per la sua infinita bontà.
L'ingrediente principale, quello che fa la differenza è sicuramente la ricotta che deve essere rigorosamente di pecora e proprio in questo periodo, in cui i pascoli sono ancora verdi e l'erba è profumata, si ottiene il miglior prodotto. La ricotta va accuratamente messa a scolare dal siero e poi passata attraverso un setaccio, anche per alcune volte, per renderla soffice e cremosa e poi viene aggiunto lo zucchero.
Le scorze sono molto semplici da preparare e si conservano a lungo, quindi se per caso ne preparaste più del necessario, basta che le conserviate dentro ad una scatola di latta e sono ottime anche da sgranocchiare tali e quali.
Io ho decorato i miei cannoli con della granella di pistacchio che avevo precedentemente tostati e devo dire che somiglia più ad una polvere che a dei granelli, ma la prossima volta sono sicura che saprò quando fermarmi in tempo. Il pistacchio viene aggiunto ai cannoli che si preparano nella zona del catanese, mentre a Palermo vengono usate le scorze di arancia o ciliegie candite.
Per prima cosa mettete la ricotta a sgocciolare dentro ad un colino a maglie fitte ed inseritelo dentro ad una ciotola, coprendo il tutto con la pellicola alimentare. Rimettete tutto in frigo e attendete che la ricotta sia ben soda.
Mescolate la farina con il cacao, poi aggiungete lo strutto, lo zucchero, il cacao, il Marsala, i due cucchiai di aceto e aggiungete tanta acqua, quanta ne richiede l'impasto e lavorate bene fino ad ottenere un composto liscio e consistente.
Avvolgetelo nella pellicola per alimenti e fate riposare per circa 30 minuti, in frigorifero.
Tirate l'impasto aiutandovi con la sfogliatrice e fate delle strisce molto sottili, ritagliatele o con il coppa pasta rotondo di circa 10 cm di circonferenza , oppure fate dei quadrati di 12 cm ( arrotolateli a mo' di rombo) eavvolgeteli sopra gli appositi cilindri di alluminio che avrete leggermente unto con dello strutto. Sovrapponete leggermente i lati sigillandoli con una spennellata leggera di albume d'uovo, che avrete slegato sbattendolo leggermente con una forchetta.
Friggete le scorze nell'olio o nello strutto, non troppo caldi, finché non saranno dorate al punto giusto, poi scolatele bene e mettetele a perdere l'unto su della carta da cucina. Togliete il cannello solo quando sono intiepidite e cercate di ruotarlo leggermente, per non rompere la scorza.
Lasciate raffreddare bene.
Ora preparate la crema di ricotta.
Mettete la ricotta dentro ad un setaccio e passatela più volte aiutandovi con una spatola. Deve diventare estremamente soffice. Aggiungete lo zucchero e mescolate bene e se volete unite anche il cioccolato o la zuccata.
Lasciate riposare la crema di ricotta in frigo per qualche ora.
Riempite i cannoli, solo pochi minuti prima di consumarli, altrimenti le scorze si ammorbidiranno troppo, cospargeteli di zucchero a velo e decorateli con della granella di pistacchio oppure scorza d'arancio candita.
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giovedì 21 aprile 2016
Anelli di Giove, con Saturno contro per l'MTC #56
Mai sofferto tanto per fare qualche biscotto!! Questi mi hanno fatto sudare le cosiddette sette camicie e si sono fatti perdonare solo per la loro infinita bontà, anche se analizzando bene come sono andate le cose, la colpa non è tanto dei biscotti, ma piuttosto di tutte le condizioni avverse che mi si sono parate davanti durante la preparazione di questi frollini. Ma andiamo per ordine e mettetevi comodi che adesso vi racconto tutto.
Allora, partiamo dall'inizio e quindi vi dico subito che Daniela e Juri di Acqua e Menta sono stati i bravissimi vincitori della sfida n°55 dell'Mtchallenge, con una zuppa di pesce e cuscus alla trapanese da applauso e per la sfida n° 56, hanno proposto un tema di quelli in cui ci si può sbizzarrire all'infinito, seguendo ovviamente delle regole ben precise, perché ragazzi miei, se si vogliono preparare degli ottimi biscotti di frolla non ci si può affidare al caso.
Trovata la ricetta perfetta, mi sono affidata a quel gran maestro che è Iginio Massari, ho guardato bene in dispensa se avevo a portata di mano tutti gli ingredienti necessari e mi sono messa all'opera.
Cellulare sul piano di lavoro, bilancia a portata di mano ed inizio con il pesare gli ingredienti: zucchero a velo pesato e messo nella ciotola, farina, pesata e versata sopra allo zucchero a velo, cacao...pesato e messo sopra alla farina e allo zucchero a velo. Riprendo in mano il cellulare e leggo. " Montare il burro con lo zucchero a velo..." ma porcamiseriazozza, il mio zucchero a velo era nella ciotola e sopra di esso c'era la farina e sopra ancora il cacao e nella boule di vetro riuscivo benissimo a vedere le varie stratificazioni, mentre sul piano di lavoro avevo un'altra ciotola inesorabilmente vuota, quella in cui avrei dovuto mettere farina e cacao.
Va bene, via c'è di peggio nella vita! Armata di cucchiaio ho iniziato a versare con accuratezza infinita la farina ed il cacao nella ciotola giusta, sono riuscita a trovare lo zucchero a velo che si distingue per il suo bianco candito ed ho iniziato finalmente a montare sto benedetto burro con lo zucchero a velo.
La ricetta è andata avanti senza intoppi, fino a che non mi è scoppiato il sac à poche, ma non uno dei tanti che si solito ho, ma l'unico presente nel cassetto dedicato alla pasticceria e qua tra una porca miseria e l'altra, ho pensato bene di usare un sacchetto da freezer, ma lo devo dire? Mi è venuto fuori un'altro "troiaio" come si dice qua in Toscana e ormai stremata ed abbastanza inca...volata, ho tirato fuori la spara biscotti ed ho usato quella.
Guardavo la foto dei frollini del Maestro Massari e guardavo i miei "fiorellini" tristi e rachitici, buoni da Dio, ma brutti come il peccato e l'unica cosa che pensavo era quella di aspettare il giorno dopo, per andare a comprare dei sac à poche nuovi e così è stato.
La seconda volta è andata meglio, molto meglio, a parte un piccolo buchetto nel sacchetto maledetto che mi faceva uscire un filo di impasto dove non sarebbe dovuto uscire, ma ce la stavo facendo!
Cottura perfetta ne forno nuovo, ehhh si, ho il mio giocattolo nuovo, la Ferrari dei forni casalinghi che cuoce in maniera fantastica e sforno dei frollini da applauso!!
Tiro fuori la mia marmellata di arance prodotta questo inverno, spalmo i biscotti e li accoppio, intanto metto il cioccolato in una ciotola e metto tutto in un pentolino con dell'acqua per scioglierlo a bagnomaria.Un attimo di distrazione, mentre mi mangiavo un biscotto per sentire se era buono veramente, perché con quello prima mica avevo capito bene e oplà, uno sbuffo d'acqua bollente che fa il triplo salto carpiato e mi infila dritta nella ciotola del cioccolato e come sapete bene, cioccolato e acqua col cavolo che vanno d'accordo!!
Ho finito il cioccolato fondente!! Altra fila di porchamiseria, mi cambio e corro al supermercato!
Riparto da capo, sciolgo il cioccolato, fin qua tutto bene... tempero, inzuppo, lascio raffreddare e mi si formano le strisce bianche di burro di cacao sui frollini, si lo ammetto non ho temperato bene, ma sapete cosa vi dico?
Mi sono rotta le scatole!! Sventolo bandiera bianca e mi arrendo!
Ho due scatole di biscotti da mangiare, dei fiorellini orribili e degli anelli di Giove belli come il sole ma con delle strisciate bianchicce di burro di cacao, che non ne pregiudicano il sapore ma solo la bellezza e allora vorrà dire che ci sacrificheremo e li mangeremo così come sono, perché io non sono Iginio Massari, ma una pasticcera assolutamente pasticciona!!
Procedimento
Setacciate la farina il cacao ed il sale e mettete da parte.
Nella planetaria mettete il burro morbido che avrete tenuto a temperatura ambiente e montatelo con la frusta; aggiungete lo zucchero e la vaniglia e continuate a montare finché il composto non sarà chiaro e spumoso, poi unite gli albumi leggermente sbattuti ed alternateli inserendo anche le polveri che avevate setacciato.
Riempite con un terzo dell'impasto un sac à poche con un beccuccio dentellato e formate degli anelli di piccole dimensioni, sopra alle placche del forno che avrete preventivamente ricoperto con la carta forno.
Mettete le teglie in frigo per circa 30 minuti, per stabilizzare la forma dei biscotti.
Infornate a 160°-170° per circa 10-13 minuti.
Sfornate e fate raffreddare poi spalmate la marmellata di arance un anello e ricopritelo con l'altro.
Temperate il cioccolato nel seguente modo:
1. Sciogliere a bagnomaria, nel forno a microonde o altro, portare il cioccolato a una temperatura di 45°/50°C fino a ottenere la completa fusione, mescolando lentamente e in continuazione.
2. Versare su un tavolo con piano in marmo o in acciaio 2/3 di copertura di cioccolato fuso e, con l’aiuto di una spatola, riportare in continuazione la massa esterna all'interno della medesima per ottenere uniformità di temperatura e non far attaccare il cioccolato sul tavolo.
3. Controllare la temperatura utilizzando un termometro digitale; una volta raggiunti i 27°C ricondurre la massa appena raffreddata nel precedente contenitore unendola al terzo di cioccolato ancora caldo.
4. Rimescolare con cura e controllare che la temperatura della massa sia a: 30°/31°C per la copertura di cioccolato fondente, 28°/29°C per il cioccolato al latte, 27°/28°C per il cioccolato bianco, 27°C per la gianduia o la tartufata. È importante mantenere il cioccolato a temperatura costante di tempera man mano che lo si utilizza, aiutandosi con il bagnomaria e con un termometro, oppure aggiungendo copertura sciolta e calda, bilanciando così la temperatura e la quantità di cioccolato utilizzato che si raffredda e consuma durante la lavorazione. -
Fonte Il cioccolato dalla teoria alla pratica
Immergete i frollini a metà nel cioccolato temperato, sgocciolate l'eccesso e fate asciugare su una gratella per dolci.
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martedì 19 aprile 2016
I Dolci di Formaggio
L'italia è ricca di pascoli e la pastorizia ci regala dei prodotti eccezionali, che possono essere usati per creare dei dolci strepitosi.
Ci sono regioni che più di altre, usano ricotta e formaggio per queste creazioni, e nel mio piccolo tour, vi accompagnerò in questo girone dei golosi.
E allora vi aspetto sulle pagine di Aifb...
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mercoledì 6 aprile 2016
Zuppa di gamberi al cocco di Martha Stewart
Ho la certezza matematica che se oggi non posto questa ricetta, dovrò attendere il prossimo autunno e potrei non perdonarmelo.
Nel corso degli anni, la diffidenza che avevo per i piatti asiatici è andata letteralmente scomparendo, vuoi anche una facilità maggiore nel reperire gli ingredienti ma anche la diffusione di tanti testi che fanno della cucina orientale una cucina facilmente riproponibile anche nelle nostre cucine, ma grazie anche alla mia curiosità nello scoprire nuove alchimie di sapori che ogni tanto uso, per dare una svegliata alle mie papille gustative.
Questa zuppa di gamberi e cocco ne è l'esempio tipico. Trovata tra le pagine di un libro di Martha Stewart, A Tavola in 30 Minuti, è stato amore al primo sguardo e amore eterno all'assaggio, per quel sapore particolare a metà del dolce del latte di cocco e l'acidulo del lime.
Martha la definisce una zuppa autunnale, ma l'abbiamo mangiata anche la settimana scorsa leggermente tiepida e ve lo giuro, che dopo la seconda scodella e la pentola vuota, lo sguardo che ci siamo scambiate io e mia figlia era di enorme tristezza, perché avremmo voluto e potuto fare tranquillamente il tris e udite udite è una zuppa che piace anche agli uomini un po' stucchi, leggasi marito, e quindi se la preparate avrete il benestare di tutta quanta la famiglia.
Si prepara in 30 minuti, si avete letto bene, solo mezz'ora e la vostra cena sarà pronta quindi se arrivate tardi a casa oppure avete degli ospiti improvvisi, questa è uno di quei piatti che vi può risolvere la serata,
Zuppa di gamberi al cocco
- A Tavola in 30 minuti-
Prendete una pentola capiente, versateci l'olio , accendete il fuoco a fiamma bassa e aggiungete lo zenzero l'aglio tritato e il peperoncino tagliato ad anelli, e lasciate insaporire. Aggiungete le carote che avrete spellato e tagliate a julienne, il latte di cocco e 750 ml di acqua e unite anche la maizena precedentemente sciolta in un bicchierino d'acqua. Portate il tutto ad ebollizione
Controllate le code dei gamberi ed eliminate il filo intestinale se fosse presente, poi uniteli alla zuppa e lasciateli cuocere per 5 minuti. Aggiustate di sale
Spezzettate i capelli d'angelo ed uniteli al resto degli ingredienti e fateli cuocere per il tempo indicato sulla confezione.
Togliete la pentola dal fuoco ed aggiungete il succo di lime o di limone.
Versate la zuppa nelle ciotole ed unite i cipollotti.
Ottima sia calda che tiepida
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